Descrizione

TRILOGIA DELLA CATTIVITÀ testo tratto da
Acqua e Sapone (Aldo Nicolaj) Anna Cappelli (Annibale Ruccello) Vecchiaccia (Stefano Benni)

Attrici: Claudia Brovedani Francesca
Roberta Piagneri Anna
Sonia Sciutto Vecchiaccia
Daniela Paola Rossi Infermiera

TRILOGIA DELLA CATTIVITA’ (Note di regia)

Tre donne, che apparentemente non hanno nulla in comune, sono rinchiuse ognuna in una stanza forse confinante l’una con l’altra, comunque in luogo asettico, per loro divenuto intimo e quotidiano, che invece rivela quello che più comunemente potrebbe essere un non-luogo, in un tempo sì ma non definito: è lo scorrere dei ricordi di ognuna, che permette loro di trovare la rispettiva quotidianità.
Quando ho deciso di curare la regia di questo progetto mi è stata subito chiara la sfida alla quale andavo incontro e che la trilogia non fosse di facile realizzazione: tre testi differenti (Anna Cappelli di Annibale Ruccello, La Vecchiaccia di Stefano Benni e Acqua e Sapone di Aldo Nicolaj), da far vivere contemporaneamente sul palco.
Per natura mi piacciono i progetti che mi permettono di confrontarmi con difficoltà e limiti da provare ad affrontare con la competenza, l’arte e la creatività.
Mi è stato chiaro fin da subito che Trilogia voleva dire avere le capacità, l’ispirazione e la visione di rendere tre storie diverse in un unico spettacolo e non farle esibire ognuna in una singola sera.
Altra cosa che mi era molto chiara fin dall’inizio, era che le tre protagoniste dei rispettivi monologhi, pur essendo donne di età, regione e forse epoche diverse (anche se tutte collocate nel 1900), avevano una cosa ben precisa in comune: il vuoto.
Ognuno di questi straordinari personaggi ha una storia di violenza e solitudine, a vederli da una certa distanza, mi sembravano come degli animali in gabbia, esseri umani che, pur non conoscendosi, pur non interagendo tra loro, avevano molto in comune.
Così mi è subito saltato in testa che la regia avrebbe previsto un non luogo o uno spazio asettico (un ospedale, un carcere, un ospizio, una stanza di contenimento) – dove la propria identità prende vita solo tramite i ricordi (a volte più recenti, a volte di un passato più lontano) – e in un non tempo. Per gli animali non esiste il concetto del tempo e qui è come se ci fosse lo scorrere del tempo ma senza lancette.
Tre vite unite da un filo invisibile, come se le legasse nella condizione di apparente libertà, vite sì ma al margine della società, donne che vivono una sorta di assenza nella presenza.
Emanuela Rolla