Perché la creazione di un Teatro oggi, quando molti teatri sono costretti a chiudere?

Perché decidere di farlo nel nostro paese?

Crediamo non sia più il momento di lasciare fare ad altri ed essere solo soggetti passivi, riducendoci al ruolo di semplici guardoni. “Voyeur della vita” anche se questo aspetto è spesso contrabbandato come culturale. Quindi cosa fare? Riappropriamoci della nostra identità. Della dignità di operatori culturali. Della voglia di raccontare, di essere raccontati. Della voglia di esserci. Fare un teatro oggi per la comunità può e deve significare non arrendersi al mito imperante del “tre-x-due”. Un tentativo di rieducazione al bello, per riconoscerlo e per difenderlo. Riappropriandoci della memoria facendone storia per viverla, senza paura di esporsi, nella realtà. Facendo innovazione. Innovazione vuol dire realtà e realtà vuol dire verità, non virtualità. E forse sta proprio qui la difficoltà del comunicare. Ritornare al teatro come fenomeno sociale. Come nell’antichità quando il Teatro era il punto di incontro per la comunità. Per un Teatro della conquista dei piccoli spazi, che superi la condanna alla marginalità: la forza della scrittura, della parola, del gesto, del canto per far rinascere il respiro dell’“essere” e non solo del “rappresentare”. Il Teatro vivo è sempre Parola di una Storia riconquistata: la propria, l’altrui, la storia comune, la più straordinaria di ogni angolo della Terra, di ogni paese o città. Perché Teatro è sempre resistenza al silenzio e all’oblio, piazza che si fa casa, corpo che si fa albero, Presenza che si fa trasfigurazione del Reale e del Sacro, museo pulsante della natura che arde. Verso la forma del pensiero in azione, il dono della verità dell’evento. La strada che conduce a tutto ciò è sicuramente lunga: certo non è solitaria. Non è solitaria perché ci coinvolge tutti – come individui e come cittadini – nella tutela delle radici culturali comuni e della nostra appartenenza ad una società fondata sulla libertà, la democrazia, la solidarietà e la tolleranza. Non è solitaria perché ci accomuna tutti – in quanto individui e in quanto cittadini – nella elaborazione di idee-guida capaci di ricomporre le diverse istanze culturali, progettando identità collettive e modelli europei di espressione culturale. Non è solitaria perché ci richiama tutti – come utenti sensibili e fruitori attivi – ad un impegno di partecipazione e ad un’assunzione di responsabilità per concretare i seguenti obiettivi: sostenere una drammaturgia di ricambio in grado di rivitalizzare il teatro, aiutando gli artisti esordienti e le nuove compagnie che dimostrino continuità ed originalità progettuale; svolgere attività di divulgazione per sensibilizzare l’opinione pubblica in favore dei problemi del teatro e della cultura in genere; svolgere attività formative per tutte le età, e in particolar modo per i giovani, riavvicinandoli alla bellezza dell’arte per combattere i disagi che sempre più una società insensibile genera nei diversi aspetti della vita sociale in ognuno di noi. essere attivi nella produzione e nella progettazione di opere in ogni ambito dello spettacolo e della cultura. esortare le autorità locali, regionali, nazionali ed europee a riconoscere il ruolo politico, economico e sociale che il teatro svolge per lo sviluppo della società e ad agire di conseguenza; valorizzare il patrimonio culturale, nella sua ampiezza e fertilità di aspetti, come strumento privilegiato del lavoro di promozione del turismo; affermare l’importanza dei creatori e della cultura per il processo di integrazione europea. Nasce un movimento culturale, una Quarta Parete che si fa patrimonio di tutti, attraverso un sipario strappato.

Lazzaro Calcagno